20 anni dallo Tsunami a Stromboli
Un webinar sull'evento che cambiò il sistema di monitoraggio dei vulcani italiani

Il 28 dicembre 2002 sul vulcano Stromboli, nell’omonima isola del mare Mediterraneo, ebbe inizio un’eruzione effusiva lungo la Sciara del Fuoco. Due giorni dopo, una frana di circa 16 milioni di metri cubi di materiale generò un maremoto che colpì le coste dell'isola, raggiungendo anche le altre isole Eolie e le coste della Calabria e della Sicilia.
A vent’anni di distanza, il webinar “Vent’anni dallo Tsunami di Stromboli: storia o attualità?” ha aperto una finestra sulle lezioni apprese dal sistema di protezione civile in occasione di quell'evento e sulle prospettive future legate al rischio maremoto nel nostro Paese. Con la moderazione di Titti Postiglione (Dipartimento della Protezione Civile), sono intervenuti studiosi ed esperti che hanno ripercorso le principali tappe di quell’esperienza condivisa di emergenza, ricerca e confronto: Mauro Coltelli (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), Luigi D'Angelo (Dipartimento della Protezione Civile) e Maurizio Ripepe (Università degli Studi di Firenze - Dipartimento di Scienze della Terra).
La storia. Negli anni che hanno preceduto lo tsunami del 2002, Stromboli aveva mantenuto una attività eruttiva tale da non rendere evidente la reale necessità di un sistema di monitoraggio avanzato. Per la prima volta in quell’occasione ci si rese conto che l'isola non era solo un'attrazione turistica, ma un luogo esposto a grandi rischi naturali in grado di costituire un reale pericolo per le persone. Il 28 dicembre di vent’anni fa segna ancora oggi uno spartiacque per il mondo della comunità scientifica e per quello della protezione civile, che ha portato a un importante cambio di rotta nelle modalità di monitoraggio di tutti i vulcani italiani.
L'evento. Nonostante il rischio di onde di tsunami generate da eruzioni dello Stromboli fosse noto, nessuno dei contemporanei vi aveva mai assistito in prima persona. La comunità scientifica e il Sistema nazionale di protezione civile si trovarono così ad affrontare un’emergenza imprevista, della quale nell'immediatezza dell'evento non risultavano ancora chiari il quadro e i possibili sviluppi. La risposta del Servizio nazionale fu immediata ma complessa e articolata su diversi fattori: alla messa in sicurezza della popolazione seguì la creazione a Stromboli del Coa - Centro Operativo Avanzato, ancora oggi presidio sull’isola delle attività di monitoraggio e valutazione dell’emergenza, organizzato e attrezzato per dare supporto a funzioni scientifiche e operative.
La vera e propria sfida, infatti, fu quella di ridisegnare tutto il complesso di attività sull’isola di Stromboli, nonché di ripensare e implementare tutto il sistema di monitoraggio e di allertamento che apparvero inadeguati. Vennero previsti e definiti nuovi sentieri più sicuri come vie di fuga, shelter a supporto degli scienziati che effettuavano rilievi in loco, ma soprattutto si lavorò al Piano di protezione civile che, per la prima volta, contenne anche indicazioni specifiche per eventi di maremoto, con l’individuazione di vie di fuga e aree di attesa, e previde l’installazione di sirene acustiche da utilizzare in caso di emergenza per informare la popolazione.
Il sistema di monitoraggio. La ricerca di nuove tecnologie da adattare alle particolari caratteristiche di Stromboli ha portato negli anni ad avere, oggi, uno dei più avanzati sistemi di monitoraggio vulcanico, a cui tutta la comunità scientifica nazionale e internazionale guarda con interesse e attenzione. In particolare, dal 2008 è attiva la Meda, un sistema autonomo di early warning, dotato di sensori ondametrici di pressione fissati sul fondo marino in grado di rilevare il livello dell’acqua e di far partire automaticamente le sirene in caso di superamento della soglia limite fissata. Dal 2019, inoltre, è operativo anche il sistema di allerta per le esplosioni parossistiche che misura l’inflazione vulcanica e consente di prevedere con minuti di anticipo l’inizio dell’eruzione.
A oggi il vulcano dà prova di essere ancora attivo e sorprende con nuovi tipi di eventi a cui adesso si è in grado di far fronte grazie al lavoro fatto, proprio in seguito a quello di vent’anni fa.
Esattamente due anni prima dello tsunami che, il 26 dicembre 2004, a seguito di un devastante terremoto di magnitudo 9.1, colpì le coste occidentali dell’isola di Sumatra, nell’Oceano Indiano e portò all’attenzione del mondo i potenziali effetti distruttivi degli tsunami generati da terremoti, l’evento di Stromboli del 28 dicembre 2002 ha fatto sì che in Italia si cominciasse, prima che altrove, a lavorare all’allertamento e al monitoraggio degli eventi precursori, dotando il Paese di un sistema all’avanguardia da cui prendere esempio.
Da vent’anni, Stromboli è laboratorio attivo e prolifico in cui si sperimenta sul campo, ci si confronta e si migliora, nell’ottica di mitigare i rischi che vi insistono e garantire il più alto grado di sicurezza possibile.